Ricominciamo!

Ricominciamo!

Una nota canzone italiana ha il ritornello che suona “ricominciamo, ricominciamo”. Se non erro è cantata da Pappalardo.
Passata l’azione di momentaneo stordimento del settore funerario italiano, provocata dalla maxi retata dell’ottobre dello scorso anno, relativa all’operazione di Milano contro il racket del caro estinto, si torna a ragionare sulle norme occorrenti per questo “disgraziato” settore.
Uso a proposito il termine “disgraziato” in quanto è ormai da più di dieci anni che questi o quello cerca di dare una organicità al sistema, individuare delle nuove regole, sia ai fini di una sana concorrenza nel settore funebre, sia per tutelare il mercato.
Ora ricominciamo con due progetti di legge, l’atti Senato n. 56 “Disciplina delle attività nel settore funerario” e l’atti Senato 511 “Nuove norme in materia di dispersione e di conservazione delle ceneri”, rispettivamente di iniziativa del Sen. Tomassini, autorevole Presidente della commissione sanità al Senato e dei senatori Poretti e Perduca.
In questa sede, tralasciando al momento la parte cimiteriale e crematoria, mi preme sottolineare come l’attuale testo non sia sufficiente a garantire una qualche possibilità di libera scelta ai familiari dolenti per la effettuazione di un funerale. A mio avviso occorrerebbero norme ben più pregnanti che consentano di:
– regolare l’esercizio dell’attività funebre con un obbligo di requisiti strutturali, formativi e di personale occorrenti vincolanti per l’intero territorio nazionale;
– fare chiarezza nella scelta dell’impresa funebre: solo l’impresa funebre in quanto tale dovrebbe operare e rispondere ai dolenti. Chi per lei potrebbe essere solo una agenzia monomandataria. In questa maniera si potrebbe spezzare l’attuale pratica, che si va sempre più diffondendo, di persone che vanno a caccia del morto e del relativo funerale per venderlo al migliore offerente;
– di scegliere l’impresa funebre non solo quando c’è un decesso (come anche la cifra che vi si destina) ma in vita da parte dell’interessato e soprattutto con lucidità. Difatti in situazione di lutto fresco un dolente, che ha già un rapporto asimmetrico per carenza di conoscenze rispetto all’impresario funebre, è facile preda di quest’ultimo e altamente manipolabile;
– introdurre l’istituto dei funerali di livello medio basso a prezzi amministrati, da poter chiedere ad ogni impresa funebre;
– mantenere in vita il segmento di imprese funebri pubbliche che, soprattutto nelle medie e grandi città, è una alternativa all’imprenditoria funebre privata e un calmiere (oltre che un sistema moralizzatore);
– intervenire decisamente sul sistema delle camere mortuarie delle strutture sanitarie per separarne effettivamente il controllo da soggetti legati alle imprese funebri. Lo scandalo di Milano dell’ottobre scorso (ma in gran parte del Paese la situazione è eguale ed emerge sporadicamente) ha evidenziato proprio l’intervento di impresari funebri attraverso prestanome per il controllo del percorso morto dal letto alla camera mortuaria. Ogni pratica era “lecita” pur di conoscere per primi chi moriva e contattare per primi il dolente (dal che si capisce la debolezza del dolente nella scelta). Aggiungo che le recenti leggi regionali (già in vigore a Milano e in Lombardia) sono state inefficaci per combattere il malaffare;
– creare un soggetto terzo indipendente per la gestione del trasferimento interno dal letto d’ospedale alla camera mortuaria, con questa e quella della trasparenza come unica sua “mission”. Una cosa non semplice da realizzare, ma sostitutiva di una funzione che le direzioni sanitarie italiane non sono in grado di presidiare efficacemente (e al momento gli infermieri e i portantini ospedalieri sono responsabili del malaffare in misura sempre maggiore);
– favorire la nascita di strutture per il commiato – che vanno a sussidiare le orrende camere mortuarie ospedaliere – per un aumento della qualità percepita del livello di servizio alla popolazione. Sono decisamente contrario alla volontà dell’imprenditoria funebre privata di sole case funerarie intermedie tra ospedale e cimitero. Difatti fallita la soluzione alla partenza (ospedale) per la decisa scarsa qualità esistente nella maggior parte d’Italia, una delle soluzioni più interessanti (e già diffusa in certe regioni come il Trentino Alto Adige, il Friuli, la Toscana) è quella anche delle case funerarie al cimitero, aperte ad ogni impresa funebre sul territorio: una struttura per tutti e non una struttura fatta da impresari funebri che hanno i soldi per conquistare sempre maggiori quote di mercato;
– far emergere il sommerso nel settore delle pompe funebri, della vendita dei prodotti lapidei (marmisti). Il principale elemento di moralizzazione del settore è quello di favorire la fatturazione e quindi aliquota IVA la più bassa possibile e contemporaneo aumento sensibile dell’importo detraibile fiscalmente. Il meccanismo è semplice: riducendo l’evasione fiscale si ottiene anche una minor provvista di “nero” e quindi meno possibilità di pagare mance, tangenti, ecc. per fare caccia al morto.
Aggiungo che per innescare un sistema virtuoso occorre estendere ai cimiteri le provvidenze del 36% per ripristini e manutenzione dei sepolcri. Questo favorisce il mantenimento di beni che rischiano di andare perduti. Un’azione decisa per sostenere il carattere del cimitero luogo di memoria storica di una collettività.
E qui mi fermo. Le considerazioni per una vera riforma del settore cimiteriale della cremazione le rimando al prossimo numero della rivista.

Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 3/2009.

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