[Fun.News 3204] Sempre più complicato stabilire se un rifiuto è pericoloso o meno in presenza di codice CER a specchio

La Corte di Cassazione, sez. III penale, con ordinanza n. 37460 (dep. 27 luglio 2017), ha rimesso ai Giudici comunitari la questione di come capire quando un rifiuto, codificato come "voce specchio o speculare", sia pericoloso o meno, poiché contiene sostanze pericolose. La Suprema Corte difatti ha posto alla Corte di Giustizia europea  la questione pregiudiziale sulla questione della classificazione dei rifiuti con codici a specchio formulando i seguenti quattro quesiti:
1) Se l’allegato alla decisione 2014/955/Ue ed il Regolamento Ue n. 1357/2014 vadano o meno interpretati, con riferimento alla classificazione dei rifiuti con voci speculari, nel senso che il produttore del rifiuto, quando non ne è nota la composizione, debba procedere alla previa caratterizzazione ed in quali eventuali limiti;
2) Se la ricerca delle sostanze pericolose debba essere fatta in base a metodiche uniformi predeterminate;
3) Se la ricerca delle sostanze pericolose debba basarsi su una verifica accurata e rappresentativa che tenga conto della composizione del rifiuto, se già nota o individuata in fase di caratterizzazione, o se invece la ricerca delle sostanze pericolose possa essere effettuata secondo criteri probabilistici considerando quelle che potrebbero essere ragionevolmente presenti nel rifiuto;
4) Se, nel dubbio o nell’impossibilità di provvedere con certezza all’individuazione della presenza o meno delle sostanze pericolose nel rifiuto, questo debba o meno essere comunque classificato e trattato come rifiuto pericoloso in applicazione del principio di precauzione.

E ha assunto posizione sulla questione della classificazione dei rifiuti con codici a specchio, specificando proprie tesi interpretative, che per brevità non si esporranno.
Sembra quindi che:
A) in presenza di rifiuti aventi codici "a specchio", qualora il produttore non abbia svolto analisi quantitativamente esaustive, ma improntate a criteri di selezione, si determina una mera presunzione relativa di pericolosità, che può essere vinta dal produttore qualora adempia all’onere di provare che tali criteri sono oggettivi, verificabili, coerenti con la natura dei cicli produttivi e tecnicamente attendibili. Onere che può ritenersi adempiuto quando il produttore fornisca la prova che:
– è certa la natura e provenienza delle sostanze che generano il rifiuto; è noto il ciclo produttivo; la produzione del rifiuto non ha caratteristiche di discontinuità od imprevedibilità; la ricerca delle sostanze pericolose è stata effettuata in modo coerente con tali elementi;
– nonché documenti adeguatamente le operazioni di campionamento ed analisi, inclusive della enunciazione dei criteri selettivi per la ricerca.
B) quando, invece, non sussistano le predette condizioni (ad esempio è ignota l’origine dei rifiuti, oppure le sostanze che li costituiscono sono del tutto ignote e non ipotizzabili), ovvero, pur sussistendo in astratto, la prova non sia in concreto fornita, l’analisi quantitativamente esaustiva costituisce l’unica via per la corretta rappresentazione del rifiuto e dalla sua mancata esecuzione consegue la qualifica del rifiuto in termini di pericolosità.

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