[Fun.News 3121] Le partecipate pubbliche stanno sui carboni ardenti.

E’ noto che su parte delle norme del decreto Madia che modificava profondamente il contorno legislativo di riferimento per le partecipate degli enti locali, dopo la recente sentenza della Corte costituzionale, occorre vi sia un’intesa tra Stato e Conferenza unificata regioni-enti locali.
Ma la stessa sentenza ha fatto salve altre parti normative e buona parte del calendario applicativo. E ora ben pochi capiscono il da farsi.
Si pensava che il decreto legge di fine anno (il cosiddetto Milleproroghe) potesse dare almeno un tre mesi aggiuntivi (rispetto al 23 marzo 2017) per procedere alle scelte degli Enti Locali. Invece nel testo nulla.
E anche nella presentazione di emendamenti in fase di discussione per la conversione in legge del decreto sembra che non si stia raggiungendo alcuna intesa per questa proroga, che verrebbe invece dirottata in un decreto specifico per gli Enti Locali.
Nel frattempo però fervono i lavori, si potrebbe dire.
Infatti Governo, Regioni e Comuni stanno discutendo su quali modifiche apportare al testo unico partecipate (e quindi non solo rimandarne nel tempo l’applicazione).
Regioni ed enti locali puntano a far abbassare a 500 mila euro la soglia del milione di fatturato che fa scattare l’obbligo della cessazione della partecipazione.
Inoltre stanno mettendo in discussione anche il criterio del numero dei dipendenti.
Cadrebbe infatti la norma che prevede la chiusura per quelle società che hanno un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti.
La scadenza del 23 marzo 2017 per presentare il primo piano di razionalizzazione delle partecipate è quindi un NON paletto, perché è del tutto chiaro che se si modificano i contenuti del testo unico occorrono i tempi per applicarlo nella nuova formulazione.

Le voci di corridoio dicono che si parla di una proroga tra i 3 e i 6 mesi dalla data della intesa (o del provvedimento di recepimento dell’intesa) tra Stato e Conferenza regioni-enti locali, che dovrebbe essere questo benedetto decreto legge chiesto a gran voce dall’ANCI e, pure da Confservizi.

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