L’estumulazione con successiva apertura del feretro per la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario

In linea di massima, l’estumulazione si esegue alle scadenza della concessione (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo quanto previsto dal successivo art. 88.

Dall’ambito d’azione di questa norma sembrerebbero esclusi i cadaveri tumulati in tombe perpetue, tuttavia anch’essi possono esser rimossi dal tumulo in cui furono originariamente deposti, per esser avviati a cremazione, presso una nuova sepoltura ancora in colombario oppure in campo di terra…

Talune amministrazioni, dopo la circolare n. 10 del 31 luglio 1998, la promulgazione della Legge 130/01 e soprattutto l’emanazione del DPR 254/90 hanno specificato nei loro regolamenti come per ordinarie si intendono pure le estumulazioni dopo 20 anni dalla tumulazione.

Mentre i periodo di sepoltura legale per i feretri interrati è, in via ordinaria, ma anche altrimenti modulabile, stabilito in almeno 10 anni il DPR 285/90 non fissa un tempo certo come periodo legale di sepoltura per i feretri racchiusi in nicchia o loculo.

L’unico riferimento temporale, i 20 anni di cui al comma 3 dell’Art. 86 è un termine su cui basare una diversa ed ulteriore sepoltura solo ed esclusivamente in quadra d’inumazione per gli inconsunti dissepolti dopo più di 20 anni di tumulazione.

Secondo il legislatore 20 anni di tumulazione sono un lasso temporale abbastanza lungo perché la decomposizione produca i suoi effetti, ancorché parziali, così anche nell’evenienza di rinvenire, all’atto dell’apertura del sepolcro, un esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo (prevalentemente un corpo corificato) basterebbero solo 5 anni per ottenere la scheletrizzazione della spoglia mortale, in quanto il fine ultimo del ciclo cimiteriale è pur sempre il completo smaltimento (meno elegantemente: distruzione) dei cadaveri sin quando rimangano solo le ossa da custodire nell’ossario comune in modo indistinto e promiscuo.

Sostanzialmente, almeno per le tombe singole, il periodo minimo di permanenza nel sepolcro del cadavere era pari alla durata minima della concessione all’epoca della prima tumulazione.

Certi regolamenti comunali di polizia mortuaria, magari approvati anche pochi anni addietro, a tal proposito disponevano che le estumulazioni ordinarie non potessero aver luogo prima dei 30 anni, ed il limite dei 30 anni quasi sempre corrispondeva alla durata standard di una concessione per un singolo loculo.

Il problema gestionale di assicurare un pieno ed ottimale sfruttamento di tutti gli avelli disponibili si complica notevolmente nel caso di tumuli privati plurimi (familiari o collettivi), per i quali pur esistendo una concessione temporale valida sull’intero sepolcro, non sussista una concessione (o turno di rotazione definito) per la singola salma ivi sepolta.

La stessa criticità è riscontabile per le tumulazioni perpetue individuali o plurime, in cui c’è il bisogno di sgombrare loculi o nicchie già occupati per accogliere nuovi defunti senza, in qualche modo, smarrire l’identità famigliare e quindi intergenerazionale di una sepoltura collettiva pensata per riunire sine die un nucleo di memorie ed affetti.

Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’art. 89 (che rinvia all’art. 83) del DPR 285/90 è alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali in caso di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni.

In altri termini è possibile la estumulazione da una tomba, concessa per la durata ad es. di 99 anni, effettuata per una salma tumulatavi dopo 10 anni dall’inizio della concessione e decorsi, ad esempio, 30 anni dalla tumulazione (è anzi auspicabile per far posto a nuove sepolture, ove necessario). Non si vedrebbe infatti la differenza fra questo caso (99 anni, salvo rinnovo) e l’ipotesi di perpetuità, esplicitamente consentita comma 2 dell’art. 86 del DPR 285/90.

Con la parola “estumulazione”, in questa fattispecie, non si intende la sola traslazione della bara dal tumulo in cui fu murata, ma l’apertura stessa del feretro, indispensabile proprio appurare se si sia in presenza ancora di cadavere (esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo prima dei 20 anni) resti mortali (risultato trasformazione post mortale di tipo trasformativo conservativo dopo i 20 anni) oppure ossa.

La ritumulazione nella stessa sede, all’inizio, non sembrava esser stata presa in considerazione dal legislatore che con il comma 2 dell’Art. 86 prescrive un turno di inumazione supplementare proprio perché la tumulazione è una forma di sepoltura altamente inefficiente che conserva le spoglie invece di favorirne il naturale disfacimento.

La sua introduzione, attraverso un formale riconoscimento di tale pratica benché con una semplice circolare, significa ancor più legittimare le cosiddette “verifiche feretro”, operazioni di cui molti nostri lettori hanno maturato esperienza.

Alcuni comuni, però, partendo da questo presupposto che la tumulazione sia una destinazione dei cadaveri assai critica (l’incidenza degli inconsunti sul numero dei cadaveri estumulati è altissima) vietano di fatto la ritumulazione, evitando di rinnovare la concessione in scadenza o già scaduta.

Con la formula di “verifica feretro” non s’intende ex Art 88 il controllo sulla tenuta stagna, che potrebbe esser stata compromessa dallo scoppio della bara, ma, più semplicemente, una ricognizione sulle trasformazioni post mortali del cadavere da compiere, naturalmente, a cassa aperta.

La circolare, visto l’art. 86/2 (inumazione per non meno di 5 anni), individua un’ alternativa ragionevole recependo ed adattando una prassi diffusa da decenni in molti cimiteri, ossia l’esame sullo stato di conservazione del cadavere per tentarne un’improbabile riduzione.

Prima dell’emanazione del DPR 254/03 gli inconsunti provenienti da estumulazione, in effetti, non avrebbero potuto esser direttamente cremati.

Dopo 20 anni di tumulazione siamo in presenza di resti mortali (anche tumulati) e, quindi, si agisce su questi esiti con sostanze biodegradanti: il risultato è che anziché occupare terra per 5 anni, si occupa il tumulo per altri 2 anni.

La procedura per recuperar spazi, definita gergalmente in alcune zone d’Italia come “spurgo” si sostanzia in questi termini: i familiari richiedono l’estumulazione della cassa e la successiva apertura, con taglio del coperchio metallico, SOLO per valutare lo stato di mineralizzazione della salma, non essendo intenzionati né ad inumarla (come, invece, richiederebbe il comma 2 dell’Art 86) né a trasferirla ad altra sepoltura: se le membra del defunto sono mineralizzate, si procede alla raccolta delle ossa liberando così un posto, mentre se non sono ancora scheletrizzate si provvede a rifasciatura e ritumulazione nello stesso sepolcro.

Le ossa racchiuse in cassettina di zinco potranno esser sepolte nello stesso tumulo oppure in una diversa celletta ossario.

Dato l’interesse degli aventi diritto secondo jure sanguinis verso gli avanzi mortali del de cuis difficilmente l’ossame rinvenuto sarà destinato all’ossario comune.

Se l’inconsunto è disidratato e non presenta parti molli, e quindi percolazione di liquami non è necessario l’avvolgimento della cassa con un cassone di zinco.

La circolare 10/98, la Legge 130/01 ed il DPR 254/03 per definire, in via generale, la condizione di resto mortale si rifanno al testo del DPR 285/90 (art. 86/3).

Logica vuole che il periodo temporale per la definizione amministrativa di resto mortale non sia più la durata della concessione, bensì di tumulazione, anche come somma di due o più periodi trascorsi in tombe diverse.

Bastano dunque 20 anni di tumulazione, in qualunque tomba siano stati effettuati.

Il principio dell’ordinamento italiano di polizia mortuaria, stabilito dal comma 3 dell’art. 92 e dagli artt. 93 e 94/2 del DPR 285/90 ed attorno a cui gravitano i diritti di sepoltura vantati su di un particolare sacello dai defunti già ivi tumulati e dai vivi che per ragioni morali o affettive, legate comunque allo jure sanguinis vogliano eleggere quel sepolcro in modo ideale quale loro dimora per il post mortem è il concetto di “capienza di sepolcro”, esso deve esser inteso nella sua accezione più ampia e figurale (laddove non diversamente specificato nell’atto di concessione, magari con un divieto di estumulazione o con la riserva di occupazione di una salma per un determinato manufatto) per le diverse forme in cui si presenta o si tramuta un cadavere per effetto dei diversi fenomeni postmortali.

Solo così uno stesso tumulo, come specificato dalla circolare n.24/93 può ospitare un solo feretro ma anche più cassette ossario ed urne, permettendo una certa rotazione del patrimonio cimiteriale.

Naturalmente l’ordinario metodo di regolazione di esumazioni ed estumulazioni è l’ordinanza del Sindaco, e tale strumento, in primis, dovrà contemplare un preciso protocollo operativo, con precise indicazioni igienico-sanitarie, cui si atterranno scrupolosamente i necrofori, qualora alle operazioni non presenziasse il personale dell’AUSL.

Bisogna, infine, ricordare come la riduzione in cassetta ossario dei resti ossei non debba mai, ai sensi dell’Art. 87 DPR285/90 risolversi in un atto cruento volto a costringere, con la forza, la spoglia mortale entro un contenitore dalle dimensioni più anguste rispetto alla cassa in cui il de cuius fu tumulato il giorno del funerale.

Gli unici trattamenti consentiti all’estumulazione se il cadavere è mummificato, saponificato o corificato sono specificati dal paragrafo 3 della circolare n.10 del 31 luglio 1998, quest’elenco, tassativo e non ampliabile, non ammette deroghe.

Si potrà, ora, proficuamente meditare su questi due importanti pronunciamenti giurisprudenziali.

T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Bologna, 31 ottobre 1988 n.. 373 La riduzione delle salme nel sepolcro familiare può essere vietata ove ciò risponda ad una precisa volontà in tal senso del fondatore o dei suoi aventi causa, fermo restando che il divieto di cui all’art. 88 comma 1 D.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803 si riferisce a fattispecie diverse da quella relativa alla riduzione attuata mediante un processo naturale di mineralizzazione del cadavere, in quanto attiene versimilmente ad operazioni materialmente eseguite sulla salma e dirette a realizzare, con metodi artificiali, interventi coercitivi di contenimento della stessa in un ambito più angusto di quello originario.

Cassazione penale, Sez. VI, 13 giugno 1997, n. 8621 Atteso il chiaro disposto dell’art. 87 d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, il consenso dei parenti del defunto non giustifica la frantumazione delle ossa del cadavere.

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17 febbraio 2021, N.d.R. dato il notevole interesse suscitato da queste brevi riflessioni generali sul problema: “estumulazione, che fare?”, si consiglia vivamente un inquadramento da differente angolazione dell’istituto qui trattato, comodamente reperibile a questo link: L’estumulazione vista dalla parte di un normale cittadino – 2/2 – funerali.org , per una visione globale del fenomeno giuridico ed operativo a tutto tondo.

 

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Carlo Ballotta

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112 thoughts on “L’estumulazione con successiva apertura del feretro per la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario

  1. Se c’è una cappella famigliare, chi ha il diritto di spostare la salma (dopo 40 anni dal decesso)da un comune all’altro nella stessa regione?

    1. X Tiziana,

      Più volte è stato sostenuto che l’individuazione del diritto a disporre della salma, o di quanto ne residui, non abbia, in quanto tale, una definizione in norma positiva, quanto discenda da un’elaborazione giurisprudenziale (anche non sottovalutando come la gran parte delle decisioni della giurisprudenza nelle materie della c.d. polizia mortuaria, derivino, non a caso, proprio da conflitti intra-familiari sulla disposizione del defunto), divenuta tale da considerarsi non solo costante, quanto consolidata. Così costante al punto che non è stato difficile introdurla, schematicamente, nell’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n.285

      Spesso si pongono questioni sul diritto di disposizione della salma (o, del cadavere, dato che in alcune regioni è stata formulata una definizione distintiva tra itermini di “salma” e di “cadavere”, che si estende anche ai resti mortali e quanto altro. La questione emerge quando vi siano più soggetti in una qualche relazione col defunto, specie quando non vi sia un accordo comune o, almeno, non contestato da altri. Si può, a questo proposito, considerare il fatto come non vi siano norme che regolano, che impongano determinati procedimenti anche formali, documentali nella scelta di due delle tre pratiche funebri(l’inumazione o, alternativamente, la tumulazione), a differenza della terza (cremazione) nella quale le formedi manifestazione della volontà di disposizione sono abbastanza puntualmente regolate.

      Il primo elemento cardine che assume rilevanza giuridica è quello per cui il diritto di disporre del cadavere spetta, in primis, al defunto stesso, da manifestare, ovviamente, in vita e, tendenzialmente, nella forma testamentaria

      Sono d’obbligo due quesiti filosofici e di sistema: Il diritto di sepoltura può esser inteso come diritto della personalità: diritto personale o personalissimo, proiettato nel post mortem da inserire nel solco tracciato dall’Art. 5 del Codice Civile? Ed in subordine le relazioni dei familiari sul cadavere costituiscono diritti soggettivi o interessi di pietas?

      Gli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri seguono due criteri, quello dello Jus coniugii e, poi, dello jure sanguinis ed in subordine quello di poziortà (leggasi priorità) enunciato dall’Art. 79 DPR 285/1990 (Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria).

      Lo Jus sanguinis è il diritto della consanguineità che si origina appunto dai rapporti di parentela, lo jus coniugii rappresenta il vincolo coniugale, e predomina sempre sugli altri.

      il diritto di intervenire per la sepoltura del de cuius (e quindi per le operazioni anche conseguenti, in quanto presuppongono in genere una diversa ulteriore sepoltura) non è legato a questioni ereditarie, bensì è “jure sanguinis”, cioè connesso ai legami di sangue, nella famiglia.

      In una sepoltura privata (sia essa un tumulo o un campetto d’inumazione dato in concessione ex Art. 90 comma 2 DPR 285/1990) bisogna distinguere tra la titolarità della concessione e la legittimazione a disporre della salma.

      La seconda pone su di un piano di parità i parenti nel grado piu’ prossimo, che devono, comunque, agire di comune accordo; la prima e’ elemento determinante per l’individuazione delle persone a cui e’ riservata la sepoltura in un dato sepolcro in concessione, infatti Infatti i familiari del concessionario sono, in genere, titolari dello jus sepulchri, ma non titolari della concessione, almeno sin tanto che non si verifichi la condizione del subentro.

  2. Salve, con una delibera l’Amministrazione ha riconosciuto il diritto d’uso di un sepolcro familiare ad un erede universale. La dante causa era infatti l’ultima discendente, deceduta senza lasciare eredi. Il sepolcro per effetto della presa d’atto si è quindi trasformato da familiare a ereditario. La mia domanda è: può procedere il nuovo titolare, non legato da ius sanguineis alla riduzione delle salme ivi deposte per far spazio a future tumulazioni in assenza di altri eredi o familiari del concessionario originario?

  3. Buonasera sono un impresario funebre con un increscioso dilemma dopo 36 anni d’attività. Dovendo fare delle estumulazioni di salme con piu di 40/43 anni per ridurle e far posto ad altre salme aventi diritto x gradi di parentele in un cimitero della provincia di Roma e piu precisamente nel comune di Fiumicino. Al momento della richiesta di operazione mi è stato detto che devo provvedere io privatamente a fare questo tipo di intervento e piu precisamente dovrei procurarmi del personale che faccia la raccolta dei resti. Ora volendo io attenermi ad un regolamento che prevede che siano gli operatori del cimitero stesso Ad effettuare questo tipo di raccolta non sono riuscito a trovare un articolo che lo specifichi per poterlo esporre chiaramente all’impiegato Comunale addetto. Le chiedo cortesemente se può aiutarmi a individuare un articolo che mi permetta di chiarire la questione. Ringrazio anticipatamente.

      1. X Marcello,

        ragionando (o…almanaccando???) di fino e a contrariis, si potrebbe prospettare anche il caso eguale ed opposto. Senza troppo filosofeggiare, astrologando, per giunta, il cimitero è impianto pubblico e COMUNALE (art. 824 comma 2 Cod. Civile artt. 337, 343 comma 2 e 394 T.U.LL.SS – R.D. n. 1265/1934), è cioè di proprietà del Comune, ed il Comune, di conseguenza, garantisce erga omnes il servizio cimiteriale o in economia diretta e esternalizzando, nelle forme di cui all’art. 113 D.Lgs n.267/2000, alcune sue componenti non fondamentali e strategiche o segmenti di esse, ad esempio la materiale esecuzione delle operazioni cimiteriali. La pubblica funzione resta in capo all’Autorità Amministrativa locale, il cui vertice è pur sempre il Sindaco, in ultima istanza, quale massima autorità sanitaria che si avvale dell’A.USL come interfaccia tecnico-strumentale e dei plessi della macchina comunale come “catena del comando”, scendendo giù per li rami sino al personale necroforo del camposanto.
        Sarebbe quindi quasi logico e scontato che fosse il personale del gestore cimiteriale ad erogare queste prestazioni, per di più in regime di monopolio ed esclusiva, vi sono però regolamenti comunali di polizia mortuaria che non includono in questo novero di attività, per loro obbligatorie, i lavori cimiteriali presso sepolcri privati nei cimiteri (sostanzialmente le tumulazioni tutte, dal semplice ed anonimo loculo, alle sontuose cappelle gentilizie). Sarà quindi cura dei concessionari o loro aventi causa provvedere alle eventuali estumulazioni, contattando ditta appositamente iscritta alla Camera di Commercio come soggetto con licenza di svolgere operazioni cimiteriali, in regola con tutti gli adempimenti fiscali, di sicurezza ed amministrativi; ecco – FORSE – spiegata la posizione così assoluta dell’impiegato comunale che se avesse, da subito, richiamato la norma ad hoc, senza rimanere perentoriamente sul vago, avrebbe, certo, reso un servizio alla beata causa della chiarezza.

  4. Domanda: se qualcuno vuole procedere all’estumulazione per riduzione dei resti di entrambi i genitori per metterli in un solo loculo, deve avere necessariamente e per legge il consenso di tutti i fratelli (figli dei defunti)?

    1. X Luigi,

      sì: confermo! Ogni atto di disposizione sulle spoglie mortali richiede l’unanimità degli aventi diritto a pronunciarsi, essendo quest’ultimi posti dalla Legge su un livello di pari legittimazione.

      1. x Piera
        dipende dalla normativa regionale (e in taluni casi pure comunale) vigente nel suo territorio. Se la regione ha tolto l’obbligo di presenza di personale ASL all’estumulazione, la competenza resta al sindaco che con ordinanza regola le estumulazioni. Oppure vi possono essere norme specifiche nel regolamento di polizia mortuaria comunale. Se non è stata tolto con norma regionale l’obbligo di presenza resta la competenza dell’ASL alla presenza per ogni estumulazione.

  5. Salve, sto disperatamente cercando una risposta legale a quella che io definisco una violenza psicologica da parte del comune. Il 6 Marzo sono trascorsi 20 anni dalla morte di mio padre e l’impiegato comunale procede all’estumulazione con un preavviso telefonico di 24 ore.
    In caso di mancata risposta, procedono senza la presenza dei parenti.

    Ho inviato una richiesta formale al sindaco spiegando che vivo a Londra e mia madre di 85 anni da sola a Lecce. In seguito al Covid, non posso volare in 24 ore a casa, ci sono dei problemi di trasporto e di successivo isolamento soprattutto per il pericolo di contaminazione di una persona anziana. Per cui ho richiesto, a causa di una situazione di emergenza pandemica, pagando le spese dovute, di attendere la fine del lockdown in Inghilterra e l’esecuzione dell’estumulazione in mia presenza in quanto significherebbe sottoporre mia madre ad un grave stress.

    L’impiegato comunale ha rifiutato di collaborare asserendo che il 4 Maggio riapriranno i cimiteri in Puglia e si procedera’ all’estumulazione di mio padre.
    Cortesemente, ditemi se esiste una legge a cui io possa ricorrere, per la quale in caso eccezionale di pandemia, io possa richiedere di concordare una data per l’estumulazione. Vorrei sottolineare che in quel cimitero non ci sono casi di emergenza Covid.
    Vi ringrazio anticipatamente
    Simona

    1. X Simona,

      Invero sussistono due scuole di pensiero giuridico:

      la più formale e rigida vorrebbe che fosse il concessionario stesso ad attivarsi presso la polizia mortuaria per decidere della sepoltura in scadenza (è previsto il rinnovo? Quale destinazione dare alle spoglie mortali lì sepolte) assumendosi i relativi oneri. Altrimenti si procederebbe, addirittura, d’ufficio, ponendo il cittadino, magari distratto, al fatto compiuto. Una linea troppo dura in tal senso è senz’altro foriera di contenziosi giudiziari (danno esistenziale?)
      la più elastica e funzionale, secondo cui proprio per l’onerosità dell’operazione cimiteriale, sarebbe OPPORTUNO, almeno, o fors’anche doveroso, contattare formalmente i concessionari, o persone loro subentrate mortis causa, ed informarli preventivamente dell’ormai prossima estumulazione, già deliberata e calendarizzata, questo proprio per permettere gli atti di disposizione sui feretri ivi tumulati, in termini di affetti e pietas, i quali per giunta, volenti o nolenti, sono a pagamento per l’tenza del servizio cimiteriale.

      Il principio di pubblicità del procedimento ex Artt. 7, 8 e 21- bis Legge n. 241/1990 e Legge n. 69/2009 deve comunque esser rispettato, a prescindere dalle condizioni di emergenza in cui viviamo oggi e lavoriamo (almeno noi beccamorti!). Pertanto una semplice telefonata non mi pare lo strumento idoneo, per la sua mancata o difficile tracciabilità.

  6. X L’arbitro (…figura, da sempre non molto apprezzata dalle opposte tifoserie calcistiche).

    Nel Suo quesito sono stati omessi molti elementi di potenziale interesse, ad esempio:

    Per facta concludentia (avendo il de cuius partecipato alle spese di rinnovo della concessione) la signora oggi deceduta, ha acquisito lo jus sepulchri pleno jure, cioè ha assunto la piena qualifica di concessionario, da cui discende il diritto di sepolcro primario di esser sepolti o dar sepoltura? Oppure è solo subentrata nelle obbligazioni manutentive del sepolcro stesso, ossia nei diritti di gestione sulla cappella gentilizia?
    Sarebbe utile sapere ciò, e l’istituto dell’eventuale subentro è regolato solo ed esclusivamente dal regolamento municipale di polizia mortuaria.
    Se sì, il diritto di sepolcro si esercita sino al limite fisico della capacità ricettiva della tomba, oltre (se, materialmente, non c’è più posto…chi prima muore meglio alloggia!) si estingue e spira ex se, così almeno recita l’art. 93 comma 1 II periodo del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285. Certo, convengo con Lei sulla tesi diabolica dello “stallo messicano” in cui si trovano i titolari della concessione: se tu, implicitamente, inibisci l’accesso al sepolcro a me, vietando la riduzione in cassetta ossario o urna cineraria di un feretro già ivi tumulato, domani i miei discendenti, per RIPICCA, potranno adottare lo stesso comportamento negatorio, comprimendo legittimamente il tuo diritto di sepolcro, e tutto secundum legem.
    Morale della favola: abbiamo un perverso immobilizzo dei posti salma, mentre sarebbe da favorire un riuso ragionevole dello spazio sepolcrale, che, come noto, non è dilatabile all’infinito.

    Siamo all’impasse totale, e sono problemi endo-famigliari da risolversi tra i privati coinvolti, con molta intelligenza, lasciando estranea l’amministrazione comunale a qualunque tipo di contenzioso.
    Rimango sempre a disposizione per eventuali, ulteriori delucidazioni.

  7. Salve, le riporto il caso di una signora che muore senza avere figli o marito. In vita ha partecipato con fratelli e sorelle al rinnovo della concessione della tomba di famiglia. Allo stato attuale delle cose i posti disponibili sono occupati. La signora muore e presumo che avrebbe diritto ad essere tumulata nella tomba, ma è necessario ridurre le ossa dei parenti (genitori ad esempio) in cassetta. Possono i fratelli opporsi? Dalle risposte precedenti capisco che c’è un diritto diretto della signora defunta ad essere messa nella tomba di famiglia ma serve l’autorizzazione di tutti i fratelli, anche se hanno rinunciato ad essere concessionari, o dei figli dei fratelli (uno dei quali ad esempio è già morto ma con figli che potrebbero avere voce in capitolo) alla raccolta delle ossa dei defunti antenati.
    Il punto è.. si potrebbe spiegare a chi oggi negherebbe il permesso alla raccolta delle ossa, magari maliziosamente per poi avere la possibilità di entrare nella tomba quando sarà la sua ora, che in caso di negazione del permesso oggi, in seguito i nipoti rimasti potrebbero a loro volta non concedere il permesso ai fratelli, al momento della loro morte?

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