Il problema “Concessione Cimiteriale” in dottrina e giurisprudenza: natura e forma dell’atto.

Piglio l’abbrivo, nella stesura di questo breve saggio, con una citazione d’autore, traendo esplicitamente spunto dalle note di Paolo Richter ne: “Il diritto al sepolcro tra normativa statale, regolamenti comunali e clausole contrattuali”, testo liberamente reperibile on line.

“Il vocabolo “concessione” è di derivazione settecentesca, ante rivoluzione francese, siamo, dunque, in piena epoca di assolutismo monarchico, e indicava gli atti di benevolenza sovrana – fons honorum – con i quali si attribuiva un privilegio nel senso che si riconosceva “al beneficiario una condizione particolare [di vantaggio] , di cui altri non godeva”; si pensi, in proposito, alle materie di prerogativa della Corona, quale quella dei titoli nobiliari e degli ordini cavallereschi. La moderna legislazione democratica degli Stati, succedutasi nel tempo, ha conservato il termine solo come struttura logica, cambiandone tuttavia il significato semantico, il quale oggi si estende a materie che un tempo erano rette dal diritto privato. Il primo assetto teorico dei procedimenti concessori (e autorizzatori) si deve agli studi di O. Ranelletti (in Rivista italiana per le scienza giuridiche anni 1894, 1895, 1896), secondo cui l’effetto principale di tali procedimenti consiste nel conferire nuovi diritti in capo a soggetti estranei alla P.A. (M.S. Giannini, Diritto Amministrativo, vol. II, Giuffrè, 1993, 652 ss.)”.

Secondo il più tradizionale dibattito giuridico (Romano e Sandulli), la concessione è la manifestazione di volontà, avente rilevanza esterna, con il quale la Pubblica Amministrazione (P.A.) conferisce ex novo posizioni giuridiche attive, nella sfera del destinatario, di cui egli non era precedentemente titolare, ampliandone in tal modo la sfera d’azione nel mondo del diritto.

La concessione, ad avviso della dottrina più recente, è altresì definita come il provvedimento amministrativo tramite il quale la P.A. attribuisce ai concessionari diritti di cui essa stessa è titolare (c.d. concessioni traslative) o che sorgono con la concessione (c.d. concessioni costitutive): Mattarella, voce Atto amministrativo, tipologia, in Dizionario di diritto amministrativo, a cura di Clarich e Fonderico, Milano, 2007, 82.

Si coglie così la divaricazione semantica e funzionale con l’autorizzazione intesa, secondo la definizione della dogmatica più risalente (O. Ranelletti) come l’atto della P.A. che rimuove gli impedimenti giuridici posti all’esercizio di un diritto o potere che già esiste in capo al privato. Più precisamente, secondo l’impostazione della dottrina dominante, l’autorizzazione si distingue dalla concessione poiché nella prima si rimuove un limite legale generale che inibisce lo svolgimento di un’attività riguardante un preesistente diritto soggettivo, potere o facoltà i quali – invece – nella concessione, non esisterebbero già prima nella sfera giuridica del privato, tant’è che a fronte del potere concessorio della P.A., il privato vanta un mero interesse legittimo pretensivo al provvedimento.
Oltre che dal punto di vista strutturale, attenta dottrina (R. Garofoli – G. Ferrari, Manuale di diritto Amministrativo, Nel diritto Editore, 2012, 931) ha osservato come concessione e autorizzazione differiscano tra loro anche per la fisionomia dei rispettivi procedimenti: la legge sul procedimento amministrativo ha infatti sostituito l’autorizzazione necessariamente espressa con l’istituto del silenzio-assenso (art. 20 L. 7 agosto 1990, n. 241: per i provvedimenti autorizzatori a limitato tasso di discrezionalità) e con la segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) – già denuncia di inizio attività (D.I.A. – art. 19 L. 241/1990: per i provvedimenti autorizzatori impropri, stante la natura vincolata dell’azione amministrativa che li riguarda, oggi questi due istituti, tra l’altro sono stati profondamente riformati dalla recentissima “Legge Madia”: L. n.124/2015 sotto l’impulso di una certa spinta liberalizzatrice).

La concessione di aree cimiteriali rientra nel novero della concessioni c.d. traslative , atteso che – a differenza di quelle c.d. costitutive – il diritto sussista in capo alla P.A., sicché si può addivenire a questa asseverazione: in capo al privato passa, tramite un provvedimento esplicito (= il famoso ed aulico “regolare atto di concessione” ex Art. 98 comma 1 D.P.R. 285/90 quale condicio sine qua non per poter vantare diritti sul bene cimiteriale) l’esercizio di un diritto ravvisabile, nel caso di specie, nella possibilità di sfruttare le utilitates connesse al bene pubblico identificato nello spazio cimiteriale, oggetto di concessione (in tal senso, E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè editore, 2006, 320).

La concessione a privati delle utilità, derivanti dall’utilizzo beni pubblici, produce fenomeni giuridici di carattere patrimoniale i quali possono essere semplici, ma anche molto articolati. Nel primo caso tali rapporti sono regolati dalle clausole della concessione o del “disciplinare”, allegate al provvedimento di concessione, predisposte unilateralmente dalla P.A., ma ad effetti bilaterali. Gli esiti, cui s’addiviene, diventano invece complessi quando in capo ad entrambe le parti del rapporto concessorio sussistano obblighi patrimoniali con le caratteristiche proprie dell’obbligazione; in tale evenienza, al provvedimento concessorio si collega un contratto negoziato tra le parti (c.d. contratto accessivo della concessione); in certi frangenti, tuttavia, si segue la pratica degli atti c.d. di sottomissione, in cui il privato dichiara in via preventiva che accetterà certe clausole (M. S. Giannini, Diritto Amministrativo, cit., 431 ss.). La dottrina, per lungo tempo, ha seguito la tesi di O. Ranelletti, secondo cui le concessioni sarebbero state da reputare quali atti amministrativi ad effetti bilaterali. La giurisprudenza, invece, ha da subito preferito applicare al rapporto patrimoniale le norme sulle obbligazioni e, poi, quelle sui contratti, delineando così la figura della “concessione-contratto” (Corte Cass., 12 gennaio 1910 in Riv. Dir. Comm., 1910, 248, ove si afferma che la concessione o, meglio, il procedimento concessorio consta di due momenti giuridici distinti e precisamente: a) un “atto di sovranità”; b) una “vera e propria stipulazione di contratto” di diritto privato, per la disciplina degli aspetti di carattere patrimoniale).

Anche la dottrina più evoluta ha finito col rigettare la teoria del Ranelletti e, trovando più convincente l’approccio metodologico giurisprudenziale, ha, così, sviluppato una dogmatica degli atti negoziali della pubblica amministrazione e della relazione tra l’atto amministrativo e il contratto. In buona sostanza, i due atti sono strettamente collegati, atteso che l’annullamento del provvedimento concessorio a monte produca riflessi sulla concessione-contratto a valle che diviene inefficace e non viceversa, si motiva così la scelta di devolvere alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo le controversie tra concedente e concessionario, ex art. 5 L. 6 dicembre 1971, n. 1034, ora art. 133, comma 1, lett. b) Codice del Processo Amministrativo approvato con D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

In materia di contenziosi concessori, si segnala l’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (formatosi prevalentemente in relazione a controversie possessorie) secondo cui, nelle liti tra privati, in cui il rapporto concessorio di una delle parti con la Pubblica Amministrazione costituirebbe il semplice presupposto storico della controversia tra i privati senza che il rapporto concessorio sia in alcun modo coinvolto o ne sia minimamente intaccato, un problema di difetto di giurisdizione del giudice ordinario non si può neppure porre (cfr. in tal senso, in generale, Cass. Sez. Un. n. 1392 del 4 febbraio 1993; n. 114 dell’8 gennaio 1992, n. 3269 del 19 aprile 1990, Ord. n. 404 del 22 giugno 1989, sent. n. 5769 del 22 dicembre 1989).

C’è poi un ultimo quesito su cui soffermarsi:

Per l’imposta di registro il corpus normativo di riferimento è rappresentato dal Testo Unico di cui al D.P.R. 26/4/1986, n. 131 e succ. modif.

Nelle concessioni cimiteriali la sottoscrizione del segretario comunale é necessaria se si provveda alla stipula dell’atto di concessione per atto pubblico ai termini dell’art. 2699 Cod. Civile (il segretario agisce come ufficiale rogante ex art. 97 comma 4 lett. c) D.Lgs 18 agosto 2000 n. 267) ; se si proceda, invece, per scrittura privata registrabile in caso d’uso ex art. 6 D.P.R. n. 131/1986 é possibile la sola sottoscrizione delle parti (concessionario e dirigente/responsabile del servizio). Si veda, per ulteriori approfondimenti la Circolare Ministero delle Finanze n. 126 del 15/05/1998 esplicativa del disposto dell’art. 21 comma 18 lettera e) punto 1 della Legge 449/97).

2) La registrazione diventa necessaria (e, quindi, non é  possibile ricorrere alla scrittura privata registrabile in caso d’uso) quando l’importo del canone concessorio  sia pari o superiore a 6.455,71 euro e la relativa aliquota è fissata nel 2% dell’importo complessivo

3) Per il trattamento fiscale, invece: Se si tratta dell’imposta di bollo, la soggezione é fin dall’origine, se si ragiona, al contrario dell’applicazione dell’.IV.A. essa non é dovuta quando sia il comune, in prima persona, a rilasciare la concessione (Cfr: Risoluzione Ag. Entrate n.376/2002).

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Carlo Ballotta

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4 thoughts on “Il problema “Concessione Cimiteriale” in dottrina e giurisprudenza: natura e forma dell’atto.

  1. nel 1982 ho avuto in concessione un loculo per la salma di mio padre per un periodo di 90 anni . E’ stato pagato l’importo previsto piu’ spese contrattuali, ma il Comune non ha mai redatto il relativo contratto. nel 2008 la gestione del cimitero e’ stata privatizzata portando a 30 anni il periodo della concessione. Ora il gestore ci scrive dicendo che non esistendo contratto, il loculo e’ occupato abusivamente e siccome ora il periodo di durata della concessione e’ di 30 anni, ci obbliga a liberare il loculo e pagare per un’altra sistemazione. Sono state fatte numerose segnalazioni da parte di associazioni di consumatori,ma il Comune tace. ora chiedo se pur non esistendo un contratto scritto, le ricevute del pagamento effettuato possano testimoniare il diritto alla concessione in quanto l’inadempienza e’ stata da parte del Comune. pUO’ un regolamento approvato in data successiva alla tumulazione produrre effetti per il passato?.grazie

    1. X Assunta,

      Incidentalmente, se non vi sia “regolare atto di concessione” dovrebbe considerarsi non esistente la concessione e non esercitabili i diritti ad essa connessi, ai sensi dell’art. 98 del regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.

      Si ricorda l’art. 102 d.P.R. 10/9/1990, n. 285, non agevolmente obliterabile, sul necessario momento istruttorio di verifica delle condizioni minime prima di autorizzare una tumulazione, tra le quali spicca la presenza dell’atto concessorio.

      Senza, però, smarrirci dietro troppi tecnicismi manieristici e “giuridichesi” se la situazione di fatto è imputabile non alla negligenza del privato cittadino, ma a quella degli uffici comunali occorre una sanatoria, ossia un atto ricognitivo di natura dirigenziale (art. 107 comma 3 D.Lgs n. 267/2000) nella forma di una determina in cui regolarizzare il pregresso attraverso la stipula di un nuovo atto di concessione ex novo, naturalmente gli interessati dovranno produrre agli atti tutta la documentazione tale da provare la loro qualità di concessionari de facto (fatture, bonifici…e altro materiale propedeutico al porre in essere un rapporto di concessione cimiteriale.)

      Sulla durata della concessione, finalmente perfezionata, sussistono opinioni contrastanti in dottrina. Se il rapporto giuridico di concessione amministrativa dovesse sorgere davvero ex novo e con effetti ex nunc gli anni saranno quelli previsti dal vigente regolamento municipale di polizia mortuaria, al contrario se si optasse per una retroattività del provvedimento “riparatorio” sarebbe ripristinata ex tunc la durata di 90 anni, come concordato temporibus illis, cioè nell’anno 1982.

      Qualora il loculo in questione dovesse esser reputato abusivamente occupato (e questa sembra proprio la linea interpretativa del nuovo gestore) dovranno esser corrisposti i canoni concessori pro rata, con riferimento all’art. 4 del D.M. 1 luglio 2002 per gli aspetti crudamente contabili, per tutto il tempo di jus sepulchri indebitamente goduto

      si ritiene che, se ne esistano i presupposti regolamentari di cui al periodo precedente, possa procedersi alla stipula, seppure tardiva, dell’atto di concessione, salva, se occorrente, la integrazione dell’imposta di bollo, cui l’atto di concessione è oggetto fin dall’origine, nella misura attualmente vigente. Nelle eventualità in cui la tariffa stabilita per la concessione non sia stata versata, e il mancato perfezionamento dell’atto di concessione sia presumibilmente imputabile a questo fatto, si deve considerare come la concessione sia insussistente. In tali evenienze, si sarebbe in presenza di un uso indebito del loculo, il ché comporta l’esigenza che il comune provveda a richiedere la corresponsione delle somme per l’utilizzo di fatto avvenuto, sulla base di tariffe vigenti o, in mancanza, di somme non inferiore ad un pro-rata annuo delle tariffe di concessione presenti nel tempo, incrementati degli interessi almeno nella misura del saggio legale (artt. 1277 e 1284 C.C.). In difetto, sorgerebbe la responsabilità patrimoniale (art. 93 D.Lgs. 18 agosto 1990, n. 267 e succ. modif.). Restano salve le norme sulla prescrizione (art. 2946 C.C.). La regolarizzazione può comunque avvenire previo versamento delle somme previste dalla tariffa attualmente in vigore e con decorrenza dalla data della stipula dell’atto di concessione.

      IN caso di prolungata controversia unico soggetto istituzionalmente preposto a pronunciarsi sulla sussistenza del diritto di sepolcro anche in carenza dell’atto concessorio, magari facendo leva sul principio dell’affidamento/bona fides sarà, com’è ovvio il Giudice.

  2. X Max,

    e perchè no? Il “RI-ciclo” responsabile, è una nobilissima arte, soprattutto se permette un impiego a rotazione e non più ad accumulo del patrimonio cimiteriale già costruito…se serve poi a rimpinguare le esangui casse comunali, meglio ancora!

    I loculi (specie quelli di vecchia concezione,) rientrati nella disponibilità del Comune, dopo un periodo 50ennale di concessione, potrebbero essere sottoposti ad una ripetuta procedura di collaudo per quanto riguarda l’impermeabilità delle pareti, la normativa antisismica o se denunciassero problemi di stabilità (lesioni murarie, crepe…).

    Se questi loculi dovessero avere dimensioni e cubature (bocca d’entrata, vano feretro, solette di divisione tra una bara e l’altra) non più in linea con le attuali disposizioni di Legge (si veda l’art. 76 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – regolamento nazionale di polizia mortuaria ) spetterà al Comune valutare l’opportunità di riconcederli nello stato in cui si trovano, purchè sempre fruibili e sicuri almeno dal punto di vista dell’edilizia cimiteriale (qui si potrebbe ipotizzare una modulazione del canone concessorio in base ai possibili disagi o alla limitazione nel godimento dello Jus Sepulchri) o provvedere a preliminari lavori di ristrutturazione, anche alla luce dell’art. 106 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 con relativo allegato tecnico d’implementazione di cui al paragrafo 16 Circ. Min. Salute 24 giugno 1993 n. 24)

    Nella formazione dell’importo del canone di concessione, magari, contano anche altri fattori “estetici” o funzionali come, ad esempio, l’altezza da terra della fila (gli ultimi ordini, sono sempre meno appetibili, soprattutto dagli utenti più anziani, siccome implicano sempre l’uso di scale) dove si trova loculo, l’esposizione piò o meno al sole, la posizione di pregio in una certa zona monumentale del camposanto, la cura del verde circostante…

    Il prezzo di un loculo, che non può mai esser concesso sottocosto, a tariffa “politica”, giusto per ingraziarsi le simpatie del popolo elettore; salvo non incorrere nella responsabilità patrimoniale per danno erariale ex art. 93 D.Lgs n. 267/2000, può esser calcolato anche sulla base degli specifici criteri contabili enumerati, proprio a proposito di cessione in uso degli spazi sepolcrali (cioè di edifici o porzione degli stessi) dall’art. 4 comma 2, Lettere a) e b) del D.M. 1 luglio 2002 emanato ai sensi dell’art. 5 comma 2 Legge 30 marzo 2001 n. 130; altrimenti varrebbe pur sempre, in via generale, l’art. 117 D.Lgs n. 267/2000 recante le norme sulla politica tariffaria, per beni e servizi, cui ciascun Comune deve attenersi, seppur con un marcato margine di discrezionalità.

    Al di là di (miei) sofismi normativi e tecnicismi computistici, l’essenziale è che la tomba monoposto a sistema di tumulazione sia perfettamente utilizzabile, per una nuova assegnazione, alla fine della precedente concessione; l’onere di eventuali lavori di riattamento sorge naturalmente in capo al vecchio concessionario, il quale allo scadere del rapporto concessorio (solitamente quando non si ha molta propensione ad assumersi spese tanto volentieri) ha l’obbligo di riconsegnare il manufatto in condizioni di piena utilizzabilità (rimozione e smaltimento delle lapidi e dei rifiuti inerti, come accade per le necessarie smurature, e sanificazione della cella sepolcrale da eventuali percolazioni residue di liquidi cadaverici, sono voci le quali concorrono a comporre la tariffa complessiva dell’operazione cimiteriale di estumulazione.

    I loculi costituiscono pur sempre una tipologia (la più diffusa ed economica rispetto alle sontuose cappelle gentilizie o edicole funerarie) di sepolture private nei cimiteri, le quali importano sottrazione “uti singuli” (ossia a vantaggio di un singolo concessionario privato) di utilitates e beni altrimenti appartenenti ex art. 824 comma 2 Cod. Civile al demanio comunale, cioè alla comunità locale nel suo insieme, di cui l’Ente Locale è rappresentante istituzionale, per tale ragioni tutti gli interventi su una nicchia muraria sono sempre a carico del privato concessionario.

  3. Cara Redazione,

    Vorrei sapere se per i Loculi cimiteriali dai quali vengono eseguite le estumulazioni (da noi sono ordinarie quelle dopo 50 anni) il prezzo per la NUOVA concessione ad altre persone, è giusto che sia come il prezzo dei nuovi Loculi mai utilizzati e di ultima costruzione; i Loculi ri-assegnati sono stati costruiti a metà anni 60. grazie.

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