Giovanni Caciolli (Federcofit) commenta l'AS1611 – riforma del settore funerario

Carlo Ballotta intervista il segretario di Federcofit, Giovanni Caciolli, noto anche come "Caronte".

CB – Federcofit si candida ad esser la guida dell’opposizione, anche dura, al DDL Vaccari, ma in un Paese che muore per il disperato bisogno di riforme non è una mossa “politica” troppo rischiosa passare, a torto o a ragione, per conservatori e fautori dello status quo? Alla fine, questo sistema funerario italiano sembra non piacere proprio a nessuno. Ci sono sull’Atti Senato n.1611 spazi di mediazione o è tutto il suo impianto complessivo da cestinare? Lei quali elementi salverebbe?
GC – Federcofit non si candida a niente, semplicemente dice quello che pensa, argomentandolo, e risponde agli attacchi che in modo alquanto becero ed improvvido Le vengono rivolti, frutto, spesso, più di presunzione e supponenza, che di ragionate valutazioni e conoscenze. Certamente il Paese necessita di riforme ma non di patti spartitori, che il testo manifesta con evidenza lampante. Il cavallo, parafrasando Scalfari, ha bisogni di bere …, ma non possiamo dargli i confetti o panna montata, bisogna dargli l’acqua. Scava scava verranno fuori i veri conservatori che hanno subito i pochi mutamenti introdotti, mettendosi sempre di traverso. Non temiamo di passare per fautori dello status quo perché non lo siamo mai stati; vogliamo evitare, invece, la solita operazione gattopardesca tanto cara ai difensori di privilegi non più compatibili. Non è facile salvare contenuti di una proposta nata da interessi di parte e molto particolari e, mi si permetta, scritta anche male e con evidenti contraddizioni interne. Ma, in ogni caso faremo i nostri sforzi a partire dagli ultimi articoli sulle materie fiscali contenute nel DDL.

CB – Parafrasando, al contrario, i bravi di Don Rodrigo ne: “I Promessi Sposi”, secondo alcuni questa legge s’ha da fare, ad ogni costo. E Lei come risponde?
GC – Possono accomodarsi … ma allora avremmo colto nel segno in merito alle reali volontà che stanno dietro la proposta: l’approvazione affrettata ed ad ogni costo di una legge, qualsiasi essa sia e da sempre, risponde alla necessità di tutelare interessi molto particolari, non gli interessi generali e la gestibilità del sistema. Personalmente ritengo che una legge sbagliata ed in netta controtendenza rispetto alle trasformazioni e semplificazioni dello Stato, avviate sotto la pressione della grande maggioranza del paese, abbia qualche difficoltà ad essere accettata dal Parlamento e, soprattutto non sia utile. Una legge fatta bene e rispondente alle necessità reali del settore sarebbe oltremodo necessaria. Federcofit farà il massimo sforzo per recuperare il terreno idoneo al confronto ed alla elaborazione di un testo utile e idoneo allo sviluppo del settore.

CB – Si parla, anche giustamente, sempre di esigenze e legittimi interessi delle imprese funebri: ma chi tutela davvero il consumatore dei servizi funebri? Il solo mercato con le sue asimmetrie? L’informazione spesso scandalistica e superficiale? O chi altro?
GC – Dalla lettura dell’articolato del DDL sfido chiunque a dimostrare che la proposta presentata tuteli i diritti dei cittadini, se non negli articoli, peraltro discussi negli anni passati da tutte le organizzazioni del settore, riferiti al trattamento fiscale ed alle detrazioni delle spese funerarie, compresa la previdenza funebre. Il tema della trasparenza del sistema, unico contesto che rende possibile la tutela dei diritti degli utenti, non passa, come molti ci rinfacciano, dalla maggiore o minore tutela dei diritti dell’impresa funebre piccola, media o grande, cosiddetta; il punto è disegnare un sistema che regga e sia gestibile in un paese, come l’Italia, lungo e differenziato senza cedere, mi scuso se vado piatto, alle chiacchiere da bar che aspirano a riformare la politica,dotato di un adeguato ed efficiente sistema di controllo. Il testo predisposto non realizza tutto questo perché non aggredisce gli annosi problemi del sistema funerario italiano: non blocca la polverizzazione, anzi ne esaspera la possibile crescita, non realizza una certezza di controlli sui processi di polverizzazione, sulle attività funebri in genere e sul rispetto delle regole (nessuno può credere realisticamente all’efficacia della ASL su questi temi per almeno 1500 motivi), delinea un assetto dei cimiteri ed un’ipotesi di governo degli stessi sicuramente utile ai gestori pubblici ma lontana mille miglia dal trend avviato dalla politica nella trasformazione dello Stato e negli assetti istituzionali.

CB – Voi siete stati spesso suggeritori alle Regioni di norme per il settore funebre e cimiteriale, quasi sempre, se non sempre, non prefigurando alcun tavolo di confronto preventivo con altre associazioni di categoria, come EFI, Sefit o altre. Ora Federcofit lamenta principalmente di essere stata esclusa dal confronto preventivo. Ma è proprio vero? E poi non è che valga la massima del "chi la fa l’aspetti?". Avete puntato molto sul cosiddetto federalismo funerario, con scarsi, se non criticabili risultati. Non è che abbiate creato proprio voi le condizioni per un intervento statale regolatore di una babele funeraria ormai ingovernabile?
GC – Le favole di Esopo, come quella del Lupo e dell’agnello non hanno insegnato nulla, evidentemente. Al di là degli specchi dove si tenta di nascondersi i temi posti, se ho ben capito, sono due. Prima di tutto la discussione sullo statalismo o sul regionalismo non mi ha mai appassionato ed è propria di chi non conosce o fa finta di non conoscere le vicende degli ultimi 15 anni: le Regioni in virtù della modifica del Capo V della Costituzione hanno svolto un’opera di grande importanza per il settore funebre, anche in sostituzione dello Stato Centrale. Tutti gli esponenti di EFI dovrebbero essere particolarmente grati a queste istituzioni che hanno permesso loro di realizzare quelle importanti innovazioni chiamate Case Funebri. Non prendere nella giusta considerazione gli interventi svolti da queste Istituzione è miopia politica foriera solo di complicazioni ulteriori, che sarebbe bene evitare. La retorica domanda, poi, del perché non abbiamo promosso tavoli con EFI (che non era ancora nata)e Sefit nasconde, in modo miserando, il disagio di Sefit e dei suoi Dirigenti di non essere stati determinanti nel confronto aperto ed approfondito, oltre che vivace, promosso dalle Regioni, come la Lombardia o l’Emilia Romagna, per fare solo qulche esempio. Mai, se lo deve tenere bene in mente anche l’ing. Fogli, abbiamo affiancato in nessuna aula di Consiglio Regionale un Consigliere proponente per spiegare ed illustrare un Disegno o una Proposta di legge, perché, va sottolineato, noi abbiamo il senso dello Stato a differenza di altri, e fino ad oggi non abbiamo mai incontrato un rappresentante delle Istituzioni che abbia minimamente pensato di svolgere il ruolo di notaio di patti, per noi assolutamente scellerati, tra soggetti “privati”, come ammesso candidamente, anche per iscritto, da illustri esponenti dei sostenitori e promotori del DDL Vaccari. Certo l’assenza di una disposizione di legge nazionale complica la vita del settore e da tempo le Federazioni hanno agito e stanno agendo per sollecitare lo Stato centrale al varo di una disposizione di legge nazionale capace di uniformare, ecc. ecc. E’ doveroso, però, ricordare che nel momento in cui l’allora Ministro Sirchia aveva portato quasi a compimento questa azione, cioè il varo di una legge nazionale, una sola organizzazione si era messa tenacemente di traverso, SEFIT per l’esattezza, impedendo al comparto funerario di avere una legge utile ed efficace, anche se non condivisa dall’ing. Fogli. Tutte le altre disquisizioni: federalismo funerario, regionalismo e via andando sono, c
ome avrebbe detto Totò, pinzillacchere … va da sé, ovviamente, che anche se nazionale, un DDL necessita ugualmente del confronto vero con il settore di competenza. Se, poi, qualche piccolo infante con i capelli bianchi pensa, travisando la realtà, al dispettuccio del “chi la fa l’aspetti”, siamo davvero alla frutta.

CB – Oramai tra Feniof e Federcofit, insieme, si raggiunge numericamente poco più del 10% del totale degli operatori funebri, cresciuti negli anni a dismisura e sulla base di norme regionale volute proprio da queste due federazioni. E’ vero che ragionando in termini di mercato la percentuale cambia, ma chi rappresenta davvero le imprese funebri italiane, e soprattutto esse si riconoscono davvero in qualcuno? Vale a dire se per assurdo si riunisse un ipotetico parlamentino del “caro estinto” chi tra il vari soggetti più in vista avrebbe davvero la maggioranza, per negoziare, da posizioni di forza, una riforma con il Legislatore a questo punto Statale?
GC – Prima di tutto un ringraziamento per l’informazione sulla rappresentanza delle due Federazioni ed un suggerimento ad una maggiore prudenza nelle affermazioni fatte, in merito a numeri e percentuali, soprattutto se non documentate. I Dirigenti di Federcofit, che vanta una sicura e consistente rappresentanza nell’imprenditoria funebre italiana ed una presenza organizzata in tutte le regioni italiane, hanno scelto di non partecipare alla Conferenza stampa di presentazione del DDL per rimarcare una scorrettezza istituzionale che mai, fino ad oggi, si era verificata e per non dover sollevare polemiche sgradevoli in una sede isituzionale. Sia chiaro, non pensiamo assolutamente di voler o di poter condizionare la volontà di nessuna forza politica, ma crediamo che il rispetto per le forze sociali e le loro organizzazioni avrebbe dovuto prevedere una consultazione, anche per semplice conoscenza, con le organizzazioni rappresentative del settore. Sarebbe come se il Presidente Renzi avesse portato in Parlamento la discussione sulla riforma dei rapporti di lavoro senza avere consultato, anche se fosse stato per pura formalità, le organizzazioni sindacali. Non si tratta, come si può ben capire, di sola forma, dentro vi è una sostanza di grande rilevanza perché inerisce il ruolo dei vari soggetti ed il rispetto che deve essere praticato, pur nella modestia delle dimensioni del settore e delle sue Organizzazioni, se si è interessati al rispetto ed allo sviluppo delle regole democratiche e del ruolo che i vari soggetti hanno in un paese civile. La questione, quindi, non è chi possa contrattare da posizioni di forza, logica vecchia e propria di una concezione monopolistica …; sicuramente, ad oggi, Federcofit e Feniof (ma noi parliamo solo per noi) hanno una rappresentanza, nel settore funebre, assolutamente superiore sia ad EFI, sia a Sefit …, tanto per chiarire. La differenza tra la nostra azione e quello che si è verificato nelle vicende di cui discutiamo è che il Consiglio Nazionale, da noi promosso con la finalità di definire una proposta di legge ha, caparbiamente, invitato tutti, Sefit compresa, indipendentemente dal grado di rappresentatività, per perseguire un obiettivo condiviso; questa proposta di legge, almeno per quanto ci riguarda, è stata definita in gran segreto, come si conviene ai patti più o meno scellerati, per arrivare a propinarcela a fatti compiuti. Non ce ne lamentiamo …, registriamo. Condurremo la battaglia conseguente e, vista la scelta di chi la propone e sostiene, “à la guerre comme à la guerre” convinti che il tempo è galantuomo.

CB – Il DDL Vaccari delinea tre fattispecie di realtà imprenditoriali/commerciali. L’impresa Funebre vera e propria, la semplice agenzia ed il centro servizi. Ora: Federcofit ha sempre tutelato i centri servizi, col DDL Vaccari, però, perderebbe un pò di potere il centro servizi, mentre ne acquisterebbe l’ impresa funebre strutturata. I piccoli, restano piccoli, ma sono agenzia legalizzata dell’impresa funebre strutturata. Alla fine chi potrà legittimamente acquisire e svolgere i funerali? Il DDL farà crescere una imprenditoria funebre investendo sulle imprese funebri strutturate o saranno i centri servizi, come camaleonti, a trasformarsi in imprese funebri strutturate e a fagocitare sotto altra veste il mercato?
GC – L’idea di collocare al centro del progetto di riforma l’impresa funebre strutturata, per intenderci, espressa nella presentazione del DDL non è né pellegrina, né sbagliata. La questione è, però, disegnare intorno a questo soggetto un quadro governabile e capace di risolvere i problemi annosi del settore frutto della legislazione nazionale passata e della scarsa attenzione delle Istituzioni. Domandarsi se Federcofit è contenta di un ipotetico ridimensionamento dei Centri servizio o se i suddetti Centri avranno vita più o meno difficile nel futuro è pura curiosità morbosa. La soluzione descritta nell’articolato de DDL rappresenta qualcosa di diverso rispetto alle intenzioni: avremo una miriade di soggetti, 6000, 8000, 10000, senza nessun limite stante il rapporto di agenzia monomandataria e l’assenza di ogni costo fisso, che acquisiranno i servizi funebri sul territorio (per conto delle imprese strutturate) ed un numero limitato di operatori, appunto quelli strutturati, che li potranno eseguire. Idea di difficile realizzazione perché male si adatta a tante realtà territoriali caratterizzate non solo da polverizzazione aziendale, ma, soprattutto, da una polverizzazione e parcellizzazione comunale, di ben più difficile soluzione. Idea, inoltre, mai condivisa da Federcofit, anche quando, oltre dieci anni addietro, era sostenuta in qualche modo da Feniof perché, oltre che di difficile attuazione, rendeva il sistema ancora più ingestibile: invece di ricondurre ad unitarietà il “processo produttivo” si sarebbe determinato un’ulteriore frammentazione dei processi e delle responsabilità aziendali con, lo si voglia o no, una pericolosa caduta dei livelli di moralità e di possibilità di controllo del e sul settore: i rapporti con le famiglie saranno sempre più gestiti da terminali (gli agenti monomandatari senza alcun costo fisso per i mandanti) obbligati a vendere il più possibile per realizzare le provvigioni necessarie al proprio reddito senza alcuna responsabilità, nelle azioni commerciali condotte, da parte del mandante, che dovrebbe rappresentare la struttura portante del sistema. Non solo, quindi, non si incide minimamente sulla cosiddetta polverizzazione (nessuno può limitare il numero degli agenti monomandatari possibili per ogni impresa) ma, addirittura, alla struttura portante del sistema, l’impresa funebre (quella strutturata) viene riconosciuta la garanzia dell’irresponsabilità giuridica, oltre che morale. Per intendersi le malefatte commerciali di un dipendente ricadono sul datore di lavoro, quelle di un agente monomandatario ricadono sull’agente stesso e non sul mandante. Come si può ben vedere l’idea è particolarmente valida per gli interessi particulari che difende; per il sistema rappresenta una iattura. Senza parlare di un altro aspetto, forse secondario, ma non meno importante: i piccoli operatori, trasformati in agenti che lavoreranno per conto di altri e non potranno in alcun modo continuare a “fatturare” ai loro clienti, perderanno per disposizione di legge il loro mercato ad esclusivo vantaggio degli operatori “strutturati”. Un bel cadeau natalizio!! Non entro nel merito dei possibili rapporti tra la terza delle tipologie descritte, il centro servizio, e le altre perché, nell’architettura prevista l’unica possibilità per quest’ultima tipologia è la sua trasformazione in impresa funebre che stabilisca con la maggioranza dei propri clienti il rapporto di agenzia monomandataria: anche in questo caso un bel capolavoro, soprattutto nelle aree metropolitane.

CB – Il DDL Vaccari pare nascere sotto il vessillo della Legalità a tutti i costi, per tentare di sradicar
e con una serie di misure ad hoc il malaffare. A parole tutti parrebbero favorevoli, e ci mancherebbe! Ma quali potrebbero esser davvero gli strumenti alternativi per contrastare fenomeni di evasione e corruzione da introdurre nel mercato funerario. Quali dei diversi strumenti del DDL Vaccari vi sembrano più efficaci?
GC – Sicuramente una legge ben fatta e capace di semplificare può aiutare anche il perseguimento della legalità. Che questo sia il caso del Disegno di legge in oggetto solleva molti e legittimi dubbi. Non sfugge a nessuno che la legalità, a partire dalle piccole cose, dipenda dalla capacità dello Stato di controllare la puntuale osservanza delle regole, o disposizioni; demandare alle ASL la funzione di controllo non mi sembra il viatico migliore per ottenere questo risultato, né favorisce la crescita culturale del senso dello Stato e delle regole l’aver cancellato con un bel colpo di spugna ogni riferimento per il settore alle norme di pubblica sicurezza.

CB – Alla conferenza stampa in Senato i relatori parlavano di un modello di mercato sostenibile nel mercato. Insomma non c’è forse troppa gente a gravitare attorno al giro d’affari delle pompe funebri? Onestamente oltre 6000 operatori in un mercato anelastico da circa 600.000 decessi all’anno sono un po’ troppi. E come dire (e con quale diritto, poi?), a lor signori, in modo garbato, di accomodarsi fuori dal business e dal salotto buono?
GC – Senza scomodare culture e teorie economiche (liberisti, liberali e via andando) si deve riconoscere che i regimi dirigisti, un tempo si diceva bulgari, non sono più ipotizzabili. Sempre più arduo, per non dire impossibile, è programmare il numero dei cimiteri o degli operatori funebri, fermo restando che i cimiteri e le imprese funebri e cimiteriali sono particolarmente numerosi, sicuramente troppo numerosi. La strada, com’è successo per altri settori italiani legati alla distribuzione, non è quella di disegnare l’impresa od azienda ideale cui confrontare ed adattare tutte le altre, in una sorta di platonismo economico, perché non esiste la razza ariana delle imprese funebri. La strada è quella di definire in primis le regole, già presenti da anni anche se da adeguare e riadattare all’evoluzione sociale del paese, in secondo luogo garantire un sistema moderno ed efficace di controllo, altrimenti nessuna regola può funzionare, in terzo luogo aprire la legislazione a possibilità nuove di intervento sul settore, sia funebre che cimiteriale, al fine di aprire a nuove tipologie di servizio offerte alle famiglie. Solo così si può parlare di concorrenza vera e di messa al margine delle imprese incapaci di contenuti e di tenuta sul un mercato in evoluzione che fondano i loro interventi solo sulla variabile “prezzo” o sulla possibilità di evadere od eludere le regole del gioco. Su questo terreno il DDL Vaccari platealmente si mostra assolutamente inadeguato, e, per certi aspetti, più arretrato delle vituperate disposizioni regionali.

CB – Parola magica: tasse! Il DDL Vaccari si promette con corpose detrazioni fiscali di combattere lavoro nero ed evasione fiscale. Le imprese più strutturate con maggiori costi fissi di gestione dicono di esser strangolate dal fisco e dagli oneri contributivi (certo nascondere alla Guardia di Finanza l’esercizio di una casa funeraria sarebbe un bel numero da prestigiatori!), pertanto sembrano guidare questa nuova stagione al grido di “no taxation without rappresentation” Ma in Italia, solo i “piccoli” evadono le imposte? C’è davvero, in questo settore, una simile presa di coscienza fiscale?
GC – Il tema fiscale, con la eccessiva diffusione di elusione ed evasione, rappresenta un problema capitale per il paese ed anche per il settore funebre e cimiteriale, senza cadere in affermazioni propagandistiche ed assolutamente sbagliate che indicano l’evasioni pari al 70% del fatturato complessivo. Credo che, dati alla mano, negli ultimi dieci anni questo fenomeno sia stato aggredito dagli organi dello Stato con qualche risultato significativo, anche se, probabilmente, inadeguato. I parametri dell’Agenzia delle Entrate, € 2500/2900 per servizio funebre hanno portato ad una lievitazione consistente dei fatturati aziendali. I controlli da parte degli Organi dello Stato possono ottenere risultati importanti perché quest’attività ha una tracciabilità che nessuna altra attività economica permette (non si può nascondere né una Casa funebre, né un singolo trasporto funebre, autorizzato, obbligatoriamente, dal Comune …). Il DDL Vaccari, riprendendo le soluzioni suggerite dall’elaborazione collegiale delle organizzazioni del settore permetterebbe importanti e positivi passi avanti. Certo considerando l’oggettiva complessità dei servizi funebri e cimiteriali sarebbe importante approfondire modalità e sistemi di controllo capaci di individuare e controllare la congruità dei vari elementi di costo per un conseguente intervento. Su questo terreno è profondamente giusto porre la questione della diversità dei costi tra un’azienda strutturata ed un’azienda che si limita alla contrattualizzazione dei servizi senza curarne l’esecuzione. Alcune elaborazioni, su sollecitazione e proposta delle inconcludenti e bistrattate Federazioni del settore, stanno crescendo in alcuni territori; vediamo se si potranno generalizzare e diventare normative o regolamenti specifici.

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2 thoughts on “Giovanni Caciolli (Federcofit) commenta l'AS1611 – riforma del settore funerario

  1. Non capisco come mai si sia dato spazio a Caciolli e, solo negativo rappresenta nella sua immagine e nel suo modo di esprimersi la festività del 2 novembre. Ha solamente parlato contro il DDL Vaccari insieme al suo presidente. Questo poi, si è talmente immedesimato usando dei termini non degni di un presidente rappresentante di Federazione. Capisco che per trasparenza dovete dare spazio a tutti ma, per favore evitateci simili letture.

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