A Milano i radicali fanno esposto a Procura Repubblica per norme Reg. reg. 1/2007 su seppellimento feti

I radicali di Milano hanno intrapreso due iniziative per difendere la dignità delle donne che scelgono l’interruzione volontaria di gravidanza, per contrastare lo strapotere di Comunione e Liberazione in Lombardia, e per arginare l’invadenza del Movimento per la Vita negli ospedali:
Prima iniziativa esposto alla Procura della RepubblicaSilvio Viale, Valerio Federico e Alberto Ventrini hanno contrattaccato con un esposto alla Procura della Repubblica al Consiglio regionale della Lombardia, che ha nei giorni scorsi approvato un regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali. Il regolamento prevede lobbligo di sepoltura di tutti i feti, anche sotto le 20 settimane, e anche se abortiti volontariamente. Non più quindi la possibilità di richiedere la sepoltura, ma lobbligo di decidere se seppellire il prodotto del concepimento autonomamente o se lasciarlo seppellire dallospedale in una fossa comune. La nuova disposizione regionale considera pertanto, inaccettabilmente, il materiale abortivo una persona giuridica degna di sepoltura, interferendo con la libera decisione della donna e esercitando una pressione psicologica non necessaria. Seconda iniziativa segnalazione allIstituto dellautodisciplina pubblicitariaValerio Federico e Ilaria Li Vigni hanno collaborato alla iniziativa riguardante il cartellone del Movimento per la Vita posto allingresso dellospedale di Tradate: una segnalazione allIstituto dellautodisciplina pubblicitaria. Il cartellone raffigura un feto di almeno 15 settimane, in palese violazione della regola della lealtà pubblicitaria: infatti linterruzione volontaria di gravidanza può avvenire, salvo rari casi, solo nelle prime 12 settimane di gravidanza, secondo quanto prescritto dalla legge 194/1978. Utilizzare limmagine di un feto più sviluppato è strumentale, per il Movimento per la Vita, al fine di aumentare la somiglianza del feto con un bambino già formato (con sembianze umane più evidenti), e acutizzare quindi il senso di colpa nelle donne intenzionate ad abortire.

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